di Anna Maria Farabbi
Gustare tra le mani le miniature artigianali della casa editrice Lietocolle: questo è il primo comandamento. Porgere attenzione alle due opere artistiche interne perché sempre coniugate strettamente alla scrittura è il secondo passo visivo del lettore. Ed infine, entrare camminando il testo con più lentezza possibile, portando con sé il significato del titolo.
Questo viaggio dentro l’ultima opera di Laura Ricci ha il mio invito.
Vasilij Kandinskij affianca il corso dell’inchiostro con precisione solare e mistero, sotto il titolo intenso. La notte assume una sua oralità, un suo dire, una sua enunciazione propria del profondo ma spogliata di ogni lutto. Come se la grande preparazione dell’autrice fosse stata tutta proiettata all’apertura di questa profondità notturna. Senza, tuttavia, violenti spalancamenti, ma al contrario nel rispetto di una lievità lenta e cerimoniale. Propria della cerimonia, infatti, la coincidenza del principio e della fine: la poesia annuncia tutta l’opera e nello stesso tempo la conclude:
Mi sono chiesta spesso
se sia pace o tristezza
il canto dei grilli.
E sempre mi rispondo
che tormento – o quiete –
poco importa.
Quel che conta
è che diano voce
alla notte.
La cito integralmente perché qui si espone la disposizione interiore dell’autrice: la sua distensione pacata, attenta, intima, discreta, verso la vita senza aspettativa affamata. Il canto ringrazia ogni volta ciò che il corpo riceve e cioè la grazia di ogni giorno. Anche se faticosa.
A forzare un ulteriore rallentamento della lettura, Laura Ricci lavora il verso con l’utilizzo dell’enjambement, con un ritardo voluto dell’immagine cardine. Mai in retorica, centra l’effetto poetico procurando un più efficace allungamento della tensione e costruzione intimista.
La liquidità della pioggia irriga il volto (interiore) della donna, con gradazioni di frequenza e intensità. Questo flusso sembra raccogliersi e placarsi nella conca sacra della finissima porcellana per tè, dentro cui si sono sciolte le foglie latte o limone zucchero ma anche nodi interiori: tutto torna a bersi e a offrirsi in partecipazione all’altra creatura in un cerimoniale amoroso di consacrato rispetto e reciprocità. Esce da questa scrittura una maturità femminile non cadente nella sublimazione e nell’incantamento, non nelle facili nostalgie e fantastiche visioni. Ma vibra una sapienza che porge elogio al divenire, al piccolo morso piuttosto che all’infantile ingordigia.
Scrivo solo un accenno alla mia lettura, ma lo faccio convinta non solo del testo ma anche della persona: laura sempre pronta alla lettura dell’altrui scrittura, partecipe attraverso tutta se stessa di ogni evento artistico a cui può contribuire in un modo o nell’altro. Sono qui anche per ringraziarla della sua mano in ogni mia presenza a Orvieto durante Venti Ascensionali Parola Scritta Parola Sonora. La sua rivista Fabruaria mostra non solo un cuore vivo tra scrittura e natura, ma anche un rigore e un impegno responsabile verso chiunque crei.