29 gennaio 2015
L’anno scorso, di questi tempi, ero a Istanbul. In certo senso ci sono anche in questi giorni, mentre sto leggendo l’ultimo romanzo di Orhan Pamuk: “Something strange in my mind” nel titolo inglese che preferisco, o, come nel titolo italiano, “La stranezza che ho nella testa”. È una meraviglia – una struggente meraviglia – ritrovare nelle pagine di Pamuk tanta della Istanbul quotidiana che, nei miei ripetuti soggiorni, ho voluto e potuto conoscere: i suoi luoghi, sterminati e complessi, e soprattutto la sua gente, altrettanto complessa e variegata, molto diversa dagli stereotipi dell’immaginario occidentale.
Scegliendo tra le molte foto del mio archivio, provo ad offrirne, attraverso le stagioni, un’immagine non scontata. Quella della Istanbul di ogni giorno che ho amato e amo di più, quella che fa scrivere a Ohran Pamuk, mutuando le parole del cronista della città Ahmet Rasim, che “la bellezza del panorama è nella sua tristezza”. Quella tristezza dimessa, e al tempo stesso grandiosa, che può talvolta guarire i nostri dolori di occidentali viziati. So, here’s the everyday’s Istanbul that I loved and I love…