di Davide Pompei
da www.orvietonews.it
Attenta a rispettare tempi e temperature migliori per la preparazione del tè, ha scandagliato certi insopprimibili vizi. E dato voce alla notte, spogliando del superfluo la ridondanza del linguaggio quotidiano. Con diversa frequenza e alternato ritmo, ma in modo assiduo, ha continuato a scrivere, fino a fare, della sua passione per la parola, un nuovo lavoro più che un mestiere. La strega poeta di impronta francese è scrittrice intimista, con un passato in politica e un presente imprenditoriale da direttrice responsabile di riviste on line – o, come non perde occasione di precisare in nome del suo mai cheto attivismo femminista farcito di icone (una su tutte, la Dickinson) – “direttora”. Prima di dedicarsi a questa attività, Laura Ricci la penna la utilizzava soprattutto per correggere i compiti dei suoi studenti, con i quali dice di aver avuto sempre un approccio diretto, basato sul dialogo, il confronto e l’ascolto.
Ma tra i suoi frenetici appunti, non è mai mancato qualche pensiero fermato su carta prima di essere abbandonato alla vorace routine giornaliera. Diversi versi hanno visto la luce, altri invece non hanno ancora varcato la soglia del cassetto. Alcuni, poi, sono riusciti ad evadere per essere successivamente rinchiusi da mani terze sui libri di scuola. E’ questo il caso della poesia “Il ciliegio”, già contenuta nella raccolta “Poesia e Natura” edita da Le Lettere (Firenze), che è stata ritrovata ad insaputa dell’autrice sull’antologia italiana per le scuole medie “Leggere nuvole” pubblicata da Loescher alla voce “poesia contemporanea”. Piacevole paradosso, tornare tra i banchi con le proprie parole, per chi, in aula, aveva già osservato svariate volte il nervosismo dei rami, prima come studentessa, poi salendo in cattedra.
Il piccolo ciliegio fiorito, immortale simbolo di tempo e memoria, si è fatto così timidamente spazio, affondando le sue radici accanto al “Natale” del soldato semplice Ungaretti Giuseppe, impegnato sul fronte del Carso, durante la prima guerra mondiale. Nelle pagine vicine, o per rimanere a scuola “nella stessa unità didattica”, trovano poi posto i versi di “Forse la mia ultima lettera a Mehemet” del turco Nazim Hikmet, “Riemersa da un’infinità di tempo” di Eugenio Montale e “Scorcio di un secolo” scritta dalla premio nobel polacca Wislawa Szymborska.
“Pensare che una curatrice che non conosco e non ho mai visto abbia scelto, per chissà quale caso, le mie parole in mezzo a quelle di questi mostri sacri – dice la Ricci, sorpresa e soddisfatta – è proprio un grandissimo e insospettato premio di vita. Da questa nostra città, così piena di talenti, mi sembra bello dedicare questo mio successo ai miei alunni e alunne di vari luoghi d’Italia, con cui, nei miei 29 anni di insegnamento alla scuola media, ho trascorso molto tempo a leggere, commentare e fare poesia”.
Per tutti, alunni e non alunni, seguono i versi in questione.
In fiore il piccolo ciliegio finalmente
e già nelle corolle che il vento sfoglia
si saldano alla pianta minuti frutti.
Lo piantammo qualche anno fa, ricordi?
E rado e fragile allora, albero
nano quasi patetico, giocattolo.
Lo vedo fra molti anni gigante, e noi
a ripassare sotto l’ombra folta
il virgulto di una lontana volta,
a dire: arrivava poco più su
del tuo seno, alla mia spalla ricordi?
E vi sarà in un angolo un susino
in miniatura, un abbozzo di pesco,
un melo piccolo di poche gemme
a rinnovare la nostra speranza,
il desiderio di piantare non per noi
che di raccogliere più non avremo
modo e tempo, di vangare non più forza,
ma per chi estragga dalla nuda scorza
rami con cura, con pazienza foglie,
per chi maturi dell’estate i succhi.