Già operativo da qualche tempo, il corporate campus voluto da Vetrya in Umbria, a Orvieto, è stato inaugurato ufficialmente un paio di settimane fa. Gruppo aziendale di successo guidato da Luca Tomassini e Katia Sagrafena, coppia entusiasta e bene assortita nel lavoro e nella vita – oltre che cofondatori dell’azienda, presidente e amministratore delegato lui, direttore generale lei, sono infatti coniugi – Vetrya si occupa di innovazione nel campo del broadband, delle telecomunicazioni, del content management e del mobile entertainment. Costituita nel 2010, anche grazie al know-how accumulato in precedenti e significative esperienze, l’azienda ha conseguito in breve tempo trend di crescita esponenziali, raggiungendo, con clienti eccellenti, 40 milioni di euro di fatturato annuo e ottenendo riconoscimenti importanti nel campo dell’innovazione. Tra gli ultimi, il Premio Nazionale per l’Innovazione “Premio dei Premi” per l’anno 2014, il Premio Imprese per l’Innovazione Andrea Pininfarina 2014 promosso da Confindustria, il Premio Microsoft Partner Network Gold 2014-2015 e il graditissimo terzo posto tra le imprese dove si lavora meglio in Italia ottenuto nel “Great Place to Work” 2015.
Oltre ai risultati eccellenti, ad aver proiettato recentemente nelle cronache del business e dell’innovazione l’azienda di Tomassini e Sagrafena è proprio il magnifico corporate campus voluto a Orvieto, che è stato definito “modello Google” e che, in vari titoli, ha procurato all’azienda la denominazione di “Google dell’Umbria”. Anche se tra Vetrya e Google una differenza sostanziale c’è, e non è certo una diminuzione. Se il colosso mondiale domina infatti incontrastato la Silicon Valley tra affini di altrettanto celebre reputazione, Vetrya ha invece lanciato la sua sfida da un piccolo luogo vivibile e tranquillo, coniugando una lunga tradizione di storia e arte a vari filoni del business digitale di avanguardia. Basterebbe questo a costituire, di per sé, una felice case history, del resto esemplicativa del fatto che è proprio qui lo specifico vantaggio di questo settore: potersi immettere nel mercato mondiale da qualunque luogo, anche da una piccola città nel cuore dell’Umbria; con l’attenzione, tuttavia, alle più sottili dinamiche di comunicazione e di marketing, tanto che, pur producendo in Italia, Vetrya ha creato una sede californiana per il lancio di alcuni prodotti di punta. Perché la California, nel digitale e nel tech fa “griff” come l’Italia o la Francia nella moda, e questo si traduce in credibilità, visibilità e fatturato.
L’innovazione, che di Vetrya è il core business, è una filosofia ben più profonda e globale di un semplice orientamento di mercato che stilla, in questa azienda, da ogni minimo particolare: dalla logistica alle infrastrutture, agli arredi, alla completa ecosostenibilità, fino allo stile di lavoro, di relazione e di valorizzazione delle risorse umane. Vetrya si configura infatti come un’azienda che mette al centro e rende protagoniste le persone, e forse è proprio questa la carta che sa giocare al meglio: guardare ai bisogni dei/delle dipendenti tenendo presenti le sfumature e le differenze di genere, favorendo in questo modo potenzialità intellettive e umane che si possono esprimere al meglio quando ansie e preoccupazioni sono fugate e, in un ambiente positivo e sereno, il lavoro procede tra collaborazione e creatività. La ricetta del successo, oltre che in un’indubbia visione d’insieme e nelle competenze, sembra risiedere in questo clima di agio in cui i 65 dipendenti lavorano, e Tomassini e Sagrafena non cessano, giustamente orgogliosi, di sottolinearlo. La soddisfazione del personale sul lavoro risulta, in questo luogo, ottimale, e chi visita il campus, sorto dal nulla in pochi mesi, non fatica minimamente a comprenderlo.
Ampi spazi sia interni che esterni, in tutto 7mila metri quadrati, aree verdi, meravigliosa vista sulla rupe di Orvieto e sulla non meno suggestiva Rocca Ripesena, campo di calcetto e altri spazi sportivi esterni, palestre interne, vari attrezzi di fitness, un piccolo museo degli albori delle telecomunicazioni e dei primi presupposti dell’era del digital per non dimenticare scienziati e innovatori del passato, spazioso e colorato living per la pausa o le pause di lavoro. A Vetrya, infatti, non si timbra il cartellino, né ci sono interruzioni e orari rigidamente predefiniti, ognuno si dà il ritmo di cui sente il bisogno nello svolgimento del proprio compito e ruolo. Non c’è neanche la mensa in cui si mangia, omologati, tutti la stessa cosa alla stessa ora, c’è piuttosto una cucina in cui si può scaldare o cucinare qualcosa liberamente, da consumare ai tavoli mentre qualcuno suona il piano o fa un gioco di gruppo o se ne sta sdraiato su una delle variopinte poltrone da relax, magari trovando, proprio in pausa, la soluzione di un problema operativo. Ci sono anche ampi spazi di lavoro, naturalmente, tra cui quello comune, affacciato sul lato più luminoso e panoramico della struttura: Vetrya, insomma, sfida anche l’antico pregiudizio che, quando si opera, “non ci si deve distrarre”, forse perché lavorare in questi ambiti è così appassionante che si viene totalmente assorbiti, non ci si distrae comunque.
Fiore all’occhiello dell’azienda, poi, è la ridente area per l’infanzia, dove i dipendenti possono condurre i propri bambini dopo la scuola. L’azienda, infatti, oltre a contraddistinguersi per la giovane età di collaboratrici e collaboratori, incoraggia la genitorialità e non ha esitato ad assumere, ultimamente, due giovani mamme con figli di non ancora un anno di età. Ce lo racconta Katia Sagrafena, che con la sua sensibilità femminile e il suo positivo entusiasmo ha ispirato e realizzato, con Luca Tomassini convintamente in sintonia, questo paradiso lavorativo. “In fondo questa è la nostra casa – ripete più volte – siamo sempre qui”… E lo dice con il sorriso aperto di chi vive la dimensione professionale con pienezza, gioia e passione e riesce a contagiare, degli stessi sentimenti positivi, i collaboratori. Non c’è neanche la gerarchia standard di un gruppo aziendale di queste dimensioni, a Vetrya, e l’autorevolezza di chi guida il tutto, basata sulla relazione e sul fare insieme, ha sostituito la più sterile e formale autorità.
Se volessimo sintetizzare, la chiave di volta di questo corporate campus è, in definitiva, quella di non comprimere la persona negli spazi di lavoro, ma di innestare sul lavoro spazi di vita per tutti i gusti, così da annullare la classica, obsoleta cesura tra tempo di lavoro e tempo libero per fare, di entrambi, solo un tempo equilibrato di vita, in cui il lavoro si integra con altre e altrettanto normali attività. È questo che stupisce, l’innovazione del modello aziendale, ancor più di quell’innovazione nel campo del digitale o dell’ecosostenibilità che rientra nella naturale mission di un’azienda di questo tipo.
Ricordando la più celebre vulgata di Orvieto, da sempre connotata come “città del Duomo”, viene quasi spontaneo un paragone. Questo splendido corporate campus, nato dal nulla in pochi mesi, è stata una sfida lanciata, pur con floridi presupposti, in pieno tempo di crisi economica: per lavorare all’innovazione e scoprire e valorizzare talenti, nell’intento di affermare, ovviamente, anche un’indubbia leadership di competenze e di mercato. Esattamente come, in piena crisi medievale, il Comune cittadino e il Clero lanciarono la sfida del Duomo per affermare il prestigio di una città e valorizzare, in un cantiere modello quale fu quello della magnifica Cattedrale di Orvieto, talenti artistico-architettonici e nuove maestranze artigianali.
Per Luca Tomassini e Katia Sagrafena, in ogni caso, sostenute da entusiasmo e creatività le sfide non finiscono. Ora, ideata a Orvieto e lanciata con marchio californiano, la nuova scommessa che Vetrya è impegnata da qualche giorno a diffondere massicciamente in rete è Blabel, la nuova app dal nome semplice e allusivo (Blabel, come bl-able, abile) e dalle molte accattivanti multifunzionalità inevitabilmente destinata a rivaleggiare con Whatsapp.