Secondo gli antichi cronisti, alle origini leggendarie della Scuola medica salernitana troviamo quattro maestri: Elino, Ponto, Adela e Salerno, che insegnavano la scienza medica rispettivamente in ebraico, greco, arabo e latino. Nei secoli la Scuola salernitana fu l’illustre punto di riferimento nel quale convogliarono tutte le grandi correnti del pensiero medico antico, ed è in questa realtà culturale così aperta e vivace che si collocano la presenza e l’attività, impensabili altrove, di un nutrito numero di donne. Si tratta di quelle mulieres Salernitanae, generalmente nominate dai cronisti come gruppo indistinto, tra le quali, tuttavia, alcune assunsero, tra il XIII e il XV secolo, una fama più illustre e individuale: Albella, che scrisse due trattati in versi Sulla bile nera e Sulla natura del seme umano; Rebecca Guarna, autrice di opere Sulle febbri, Sulle urine e Sull’embrione; Mercuriade, a cui vengono attribuiti scritti Sulle crisi, Sulla peste, Sulla cura delle ferite e Sugli unguenti; Francesca Romana, alla quale il duca Carlo di Calabria consentì nel 1321 di esercitare la chirurgia; Costanza Calenda, che si addottorò in medicina all’Università di Napoli nella prima metà del XV secolo.
Tra tutte acquistò grande fama popolare Trotula, la prima e più celebre esponente femminile della Scuola, mulier discussa e spesso ricordata, ambiguamente, tra storia e leggenda, il cui ritratto si è venuto precisando nel tempo, in modo più veritiero, grazie agli studi condotti a partire dal XIX secolo.
Nata a Salerno dalla nobile famiglia de Ruggiero, attiva e famosa intorno al 1050, avrebbe sposato il celebre medico Giovanni Plateario il vecchio, generando due figli, Giovanni il giovane e Matteo, i noti Magistri Platearii della Scuola salernitana. Si scrisse anche, sul versante poco verificabile del favoloso, che fu una delle donne più belle e affascinanti del suo tempo e che, nel 1097, a seguire il suo funerale c’era un corteo lungo tre chilometri.
La Trotula più verificabile e reale scrisse comunque due opere, il De ornatu mulierum (Come render belle le donne), che è un trattato di cosmesi e di cura delle malattie della pelle, e il De passionibus mulierum ante, in et post partum ( Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto), scientifico e documentato manuale di ostetricia, ginecologia e puericultura.
In un’epoca in cui natura e morale entravano talvolta in conflitto, il discorso di Trotula si mantiene su un piano rigorosamente medico, sottraendosi al tentativo di inquadramento moralistico della teologia scolastica. Nei suoi trattati sono apprezzabili l’acutezza dell’osservazione e la precisione dell’analisi, unite a una sensibilità e partecipazione che vanno oltre la semplice professionalità.
I capitoli dedicati alla gravidanza e al parto, e quelli delicatissimi sulle attenzioni ai neonati, rivelano l’esperienza di una donna sposa e madre, ma certo fornita di una cultura medica superiore, che non esita a impartire istruzioni a levatrici e balie, professionalmente intese come sue subordinate.
Bene informata anche sulla sterilità e su altre affezioni ginecologiche, sa curarle senza lo sbrigativo ricorso alla chirurgia dei colleghi uomini, per il vantaggio di poter visitare direttamente le malate e di instaurare con loro un rapporto di confidenza, aspetti che le donne dell’epoca, pudoris causa, non consentivano a un medico maschio.
Come molte testimonianze ci mostrano – tra gli altri i ben celebri Rutebeuf e Geoffrey Chaucer – la fama di Trotula si diffuse rapidamente anche fuori Salerno e fuori d’Italia, tant’è che nel tardo medioevo, quando si parlava di malattie femminili o di dermatologia e di cosmesi, si faceva riferimento a lei come ad un’autorità indiscussa. L’essere donna le conferiva la fiducia delle sue consimili, mentre l’appartenenza alla scuola medica salernitana era garanzia della validità delle sue terapie.