25 maggio 2008, di Laura Ricci su Fabruaria
Esce per la prima volta in Italia, nella collana Altre Terre delle edizioni Lietocolle, Sordomuda (Sordomuta), raccolta in versi del grande e prolifico poeta argentino Jorge Boccanera; finora, a parte gli addetti ai lavori, pressoché sconosciuto nel nostro Paese, sebbene vi proietti radici neanche troppo lontane e, per di più, di singolare allusività poetica. I nonni paterni, infatti, espatriarono verso il Sudamerica da Recanati, lasciando il ristretto, ermo colle di leopardiana memoria, da cui solo uno sguardo poetico poteva spaziare verso il ben noto infinito, per la vasta avventura di speranza verso la terra d’Argentina.
Il volume, curato da Alessio Brandolini e da lui tradotto in collaborazione con Verónica Becerril, costituisce quantitativamente una produzione minima della vasta opera di Boccanera, ma del più alto spessore, tanto che si è già affermato incidendo nella sensibilità di non pochi lettori, e imposto all’attenzione dell’editoria e della critica vincendo, pochi giorni fa, la sezione internazionale del XXI Premio letterario Camaiore. C’è da sperare che qualche grande, facoltoso editore decida, a questo punto, di tradurre e diffondere la sua opera omnia, che espandendosi dal 1974 ad oggi costituisce, con varie edizioni e riedizioni, uno straordinario percorso di ricerca esistenziale e di impegno civile.
Jorge Boccanera, che nasce nel 1952 a Bahía Blanca per trasferirsi in piena Buenos Aires nel ’62, dopo il colpo di stato militare del 1976 si vede costretto all’esilio e soggiorna a lungo in Messico e in Centroamerica: Torna in Argentina nel 1984, al crollo del regime fascista; si trasferisce quindi in Costa Rica dove resta dal 1989 al 1997, per poi riapprodare a Buenos Aires, dove è coordinatore della cattedra di Poesia Latinoamericana all’Università nazionale, senza tuttavia rinunciare a frequenti puntate a San José (Costa Rica).
Quale che sia il suo destino in Italia – per un affabulatore così meritevole e per il piacere di chi legge poesia ci auguriamo fulgido – il suo sbarco tra noi è l’ennesima prova che spesso è ai piccoli editori che si deve la diffusione di nuovi o remoti talenti. È a Orvieto che si creano, nel novembre 2006, le prime condizioni per la nascita di questo pregevole libro. È qui, infatti, che Brandolini incontra Michelangelo Camelliti per la presentazione di una raccolta (la mia Voce alla Notte) edita dalla sua Lietocolle, ed è qui che a cena, tra una chiacchiera e l’altra, si concretizzano i primi passaggi che porteranno alla pubblicazione di questa “Sordomuta” a cui Brandolini e Becerril stanno già dando parola in lingua italiana. Ennesima scoperta dovuta al poeta romano, che dalla sua partecipazione ai Festival internazionali prima di Medellín (Colombia, 2004)), poi di San Salvador (2005), ha mutuato profondi legami con la poesia sudamericana e con molti suoi autorevoli rappresentanti di cui, con la consueta generosità umana e intellettuale, si è poi prodigato per diffondere in vario modo l’opera.
Sordomuta, edita in Costa Rica nel 1991, in Messico nel ’92 e nel ’98 in Argentina, costituisce un punto focale e di grande intensità nella ricerca poetica di Boccanera: altro non è che la Poesia, un’instabile, imprevedibile, imprescindibile ragazza imbavagliata dalla cui lunga treccia il poeta è stato afferrato, e a cui vive sospeso, a sbalzi/ aggrappato a quel filo con voce di clandestino e un abisso sotto le scarpe. Verso lei va ogni volta a un emozionante, appassionante appuntamento, pieno di interrogativi e aspettative; e lei, ogni volta, passa unica e veloce, sorprende ma non si lascia spiazzare o imbrogliare, possiede ma non si lascia possedere a lungo. A volte è una bambina arguta e giocosa che canticchia canzoni o si trucca e si strucca/ appare e scompare/…si prova vestiti nell’ora in cui gli altri dormono. A volte è una piccola, angelica o perversa creatura dal potere magnetico: e allora il poeta diventa alternativamente anfitrione o schiavo, talvolta il cavallo, talvolta il fantino, il suo istruttore o il suo pupillo, soltanto un passeggero nel suo sudore, colui che recita dentro il suo corpo. Oppure è un’avventurosa “pasionaria” con la quale vive ammanettato schiena contro schiena:
Pazza imbavagliata, prigioniera, ostinata,
ci sono chiodi ossidati nella tua lingua, ci sono soldati
di piombo.
Li ho visti accamparsi e procurarsi legna,
ho visto le loro teste rapate, le uniformi sudice.
In qualunque modo si mostri, è comunque una tacita, appostata Sordomuta, una che ti mostra la lingua per una moneta soltanto. Ma la moneta dev’essere d’oro: evidente allusione al lavoro esigente della parola, che bisogna “raschiare all’osso per cercare una sponda in un altro corpo, un passaggio” (Rovescio), oppure far scaturire dall’ascolto senza smarrire le note giuste, “ascoltando accovacciati come un vocabolo conversa con un altro” (Somma) . Un teso, ineludibile Esercizio:
Colpire il bersaglio: bene.
Azzeccare, indovinare, proprio nel centro: bene.
Tra un sopracciglio e l’altro.
Fare centro: bene, bene.
Colpire nel segno, schioccare,
però farlo con un moncone.
Di qualunque panni si vesta, Sordomuta indica che, secondo il titolo di una raccolta di canzoni scritte dallo stesso Boccanera e musicate da importanti artisti, La poesía es un mal necesario. Un male necessario, una nota rossa, una domanda a bruciapelo non troppo lontana da quelle della follia (Nota rossa). Che lanci segnali dentro tensioni ideali o politiche, nel vibrare dello spirito o in quello dei sensi, questa carnale musa sudamericana provoca e punge nell’intento di farsi togliere il bavaglio dalla bocca. Persino nei toni più lievi ed elegiaci, che si tratti del valzer che Sordomuta danza o del ricordo del nonno del poeta, parrucchiere e barbiere, tenerezza non può darsi senza tristezza:
Il valzer di Sordomuta mi riempie gli occhi di lacrime, mi
accende una sigaretta nella bocca, mi addolcisce la
voce, m’infonde tristezza.
(E pensare che io pagai la festa.
E pensare che ingaggiai l’orchestra).
E ancora:
Mio nonno truccava lo specchio con stelle di talco e usava
un candido sacco bianco.
La morte – che è scrupolosa – gli invidiava la sua
collezione di pettini.
Un giorno la morte, che leggiucchiava una rivista di sport,
disse “tocca a me”.
E occupò quella poltrona stando sbracata e con un vortice
in testa.
“Ha un capello difficile”, disse mio nonno senza voce.
Dopodiché la morte sistemò il suo rasoio e facendo il suo
lavoro: radeva lo specchio?
Il parrucchiere se ne andò sotto un cielo qualsiasi con
stelle di talco.
Lo specchio si passò la mano sulla faccia rasata morbida,
simile a quella di un neonato.
Eppure, nonostante fatalità e struggimento, bizzarria e crudeltà del vivere, vanità e complessità dell’esistere, è proprio attraverso quel salto rischioso, quella dolorosa stretta – necessaria – che si può dare un senso forte e sanguigno al proprio transito. Giacché il senso profondo della poesia di Jorge Boccanera, del tutto in accordo con la sua forte carica umana e la sua contagiosa vivacità, è – come fa notare Alessio Brandolini nella sua bella introduzione – che “occorre scuotersi di dosso il passato e la morte, la pigrizia e il terrore per riuscire a patire, sognare, tuffarsi con coraggio dal trampolino più alto, attraversare confini, ricostruire (e fare poesia) con le ceneri utili, piantare una lingua nella terra del sogno, tentare il destino afferrando la moneta al volo / e fuggire senza lasciare traccia. Perché la vita (la poesia) è sordomuta, o cieca e crudele, sì, ma anche imprevedibile, in perenne movimento, erotica e misteriosa”.
Il grande poeta sudamericano sarà in Italia i primi di settembre, per ritirare il Premio Camaiore, e successivamente per una serie di iniziative patrocinate dall’Ambasciata d’Argentina. Orvieto avrà il privilegio di ospitarlo in ottobre, insieme al suo traduttore, per un’iniziativa organizzata dall’associazione “Il filo di Eloisa” all’interno dei prossimi Venti Ascensionali.
Il disegno che raffigura Sordomuta, parte del libro edito da Lietocolle, è di Stefano Cardinali