In memoria di lei: a Venti Ascensionali Annarosa Buttarelli ricorda Eloisa Manciati

di Laura Ricci
Pubblicato il 19 gennaio 2007 su Orvietonews.it

Ormai verso la dirittura d’arrivo, l’edizione 2006/2007 di Venti Ascensionali ha dedicato lo scorso giovedì un fuori programma a Eloisa Manciati – – a cui del resto tutta la rassegna è stata quest’anno dedicata – con un’importante iniziativa svolta in collaborazione con le Biblioteche di Roma: un collegamento che generalmente la stessa Eloisa portava avanti negli anni scorsi, e che gli organizzatori di questa edizione e le amiche a lei più vicine non hanno voluto lasciar cadere.

L’idea di un incontro collegato all’iniziativa romana “La vita segreta delle parole”, che esplora quest’anno il concetto di “passività efficace” nel pensiero della filosofa e teologa spagnola Maria Zambrano, è nata nel piccolo eremo di Eloisa sul lago di Bolsena, la mattina in cui ci siamo trovate/trovati insieme per salutare le sue ceneri che, nel lago da lei tanto amato, sono state immerse. C’era, tra altri e altre, Pia Mazziotti, un’amica responsabile delle biblioteche romane, che ci ha proposto di continuare questo scambio nel segno di Eloisa. E così, nel segno di Eloisa, abbiamo continuato. Tra le filosofe della Comunità di Diotima, del cui pensiero Eloisa ha costituito, a Orvieto, la preziosa e instancabile mediatrice, è stata Annarosa Buttarelli a raccogliere l’invito a partecipare all’incontro, portando tra l’altro in discussione le lucide e stimolanti intuizioni contenute nel suo saggio “La magica forza del negativo”, parte dell’ultimo volume di Diotima “La passività. Un tema filosofico-politico in Maria Zambrano”.

Pensavamo che nel titolo scelto per l’incontro “Nel segno di Eloisa. La passività efficace. In memoria di lei””, quel lei fosse riferito a Maria Zambrano; e invece ci siamo rese conto che proprio e soprattutto a Eloisa Manciati, Annarosa Buttarelli ha voluto dedicare la sua presenza a Orvieto, tanto più significativa se pensiamo che, un po’ sofferente per i postumi di un’influenza, ha annullato l’appuntamento romano dei giorni successivi ma ha voluto comunque essere qui. È stato un ritratto inatteso e compostamente commosso, quello che ha tracciato della nostra concittadina recentemente scomparsa nella sala silenziosa e colma di presenze e di attenzione, su quel filo teso e carico di sentire e di patire di cui tanta parte dell’elaborazione di Diotima è portatrice. Così ci siamo rese conto quanto, forse più di chi aveva occasione di incontrarla ogni giorno, Annarosa la vivesse e la conoscesse, con quanta empatia. Nel ricordo: la cultura e la coerenza, lo spendersi per le passioni e per i desideri di realtà, la passione di Diotima e della differenza, l’indefessa pratica politica, la continua azione culturale, l’inseguimento non solo ideale ma anche spaziale del sapere, la cura del simbolico e della relazione, e il grande amore – forse dai suoi concittadini mai fino in fondo compreso – per la sua città. Una città che nel suo rigoroso sentire e patire avrebbe voluto migliore, più all’altezza dei suoi compiti culturali, politici e sociali ma che, proprio per questo radicato amore, non aveva mai voluto lasciare.

Molti, nel proseguire dell’incontro, gli stimoli di pensiero e gli spunti di concreta azione politica suscitati dalle riflessioni di Annarosa Buttarelli, che oltre ad essere docente di Ermeneutica filosofica all’Università di Verona, fa parte del comitato organizzativo dell’ormai celebre Festival della Letteratura di Mantova. Riprendendo il concetto chiave dell’incontro, Buttarelli si è soffermata su quella passività positiva, radicata nel patire e nel sentire, che sa contrapporsi in modo tutt’altro che inefficace sia all’iperattivismo sia all’impotenza politica. Tra i miti smascherati quella “competitività” tanto di moda che ammanta a volte di nobili scopi le più disumane azioni di mobbing, e l’imperversante quanto ipocrita “volontà di bene” che, senza doverci per forza spingere fino alle estreme conseguenze delle guerre che intendono portare “democrazia e civiltà”, anche in contesti molto più vicini maschera egoismo e interessi con le “nobili” quanto ignobili ipocrisie del “bene” del Paese e delle Città.