dal Corriere di Viterbo del 23/08/2011
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È ambientato tra il mitico Teatro della Scala e il Teatro dell’Unione di Viterbo “Melodramma familiare”, uno dei racconti dell’ultimo libro di Laura Ricci, Dodecapoli (ed. LietoColle). Giornalista e scrittrice, autrice di raccolte poetiche, di saggi letterari e del singolare romanzo breve Insopprimibili vizi, Laura è pronipote del celebre baritono viterbese Fausto Ricci, e a Viterbo, dove vive la sua vasta famiglia d’origine, è nata, ha studiato e ha trascorso gli anni della giovinezza. Questo suo ultimo lavoro, costruito con grande originalità tra storia recente, celebri architetture nazionali e racconto intimo, sta riscuotendo da alcuni mesi gli apprezzamenti dei lettori e di riviste letterarie dedicate. In 150 pagine, avvincenti e scorrevoli per la ricchezza e al tempo stesso la leggerezza della scrittura, Laura Ricci ci consegna dodici indimenticabili storie di donne in dodici città; il tutto condito, in un’accurata veste grafica, con ventisei tavole illustrative della fotografa Ambra Laurenzi che, costruite a partire dalle sensazioni delle dodici protagoniste dei racconti, aiutano a comprendere la forza della loro tensione di vita e del genius loti che le anima.
Le storie che compongono il vasto affresco di “Dodecapoli” sono strettamente coniugate, infatti, a spazi architettonici che, delle riflessioni dei personaggi femminili narrati, costituiscono non un semplice sfondo, ma uno speculare luogo dell’anima: Verona, Roma, Torino, Trani, Brescia, Pisa, Malta, Siena, Mentone, Vigevano, Orvieto – la città in cui l’autrice attualmente vive – e Milano, in cui tra ricordo, passione e poetica ironia, declinata tra La Scala e l’Unione, tra intimità e ricostruzione storica, l’Opera lirica diventa specchio di una cultura delle tradizioni e di un’entusiasmante, perduta epoca. Quando a Milano e più in generale in Italia – al caffè Schenardi per quanto riguarda Viterbo – si incrociavano i capannelli dei tifosi di Di Stefano, Del Monaco, Corelli, Bechi, della Tebaldi e della Callas, e al Teatro dell’Unione “ogni anno, solo ogni anno per le feste di Santa Rosa era possibile ascoltare tre o quattro opere liriche. Generalmente sempre le solite, ad anni alterni con qualche piccola varietà”. Con piccoli, azzeccati inserti di scrittura mutuati da celebri arie del melodramma, attraverso il continuo contrappunto tra le riflessioni di una ormai adulta Lucia – nome ovviamente non scelto a caso – e della precoce Lucia bambina che a sei anni leggeva i libretti d’Opera e si beava del bel canto all’Unione in compagnia del babbo tenore, “Melodramma familiare” restituisce, insieme a una vera e propria religione per una Scala lontano oggetto dei desideri, il quadro ironico e commosso di una Viterbo che non c’è più, ma che fa parte di una storia quotidiana da non dimenticare.
“Tessiture di piccola minuta bellezza che sono una diagnosi poetica del mondo grande”: così Anna Maria Crispino definisce i racconti di Laura Ricci nella sua prefazione a questo libro che, impostato sulla ricerca di senso e di autenticità, sugli spazi di libertà e di realizzazione dei desideri che le donne hanno saputo conquistare nel secondo Novecento restituisce, della bellezza, anche il valore etico. Coniugato a cinquantasei vibranti fotografie di grande formato – tante sono diventate in una mostra correlata le illustrazioni del libro – e a dodici dense tavole di scrittura, il volume si è ampliato in un progetto con tanto di sito internet che, con le sue autrici, sta compiendo un interessante percorso con l’installazione “Dodecapoli – Multiscritture del femminile per un Grand Tour contemporaneo”. La mostra, inaugurata a Orvieto nella splendida cornice del Museo Emilio Greco, è stata successivamente installata a Pisa e a Roma. Prossime tappe Vigevano, Verona e Torino. “Mi piacerebbe che Viterbo chiudesse il cerchio in modo perfetto e fortunato – afferma Laura Ricci – quello da cui, con la nascita, l’educazione e le radici, nella fertile e austera bellezza della mia città tutto è cominciato. Potrebbe essere la tredicesima e ultima tappa, quella non esplicitamente nominata, ma altrettanto viva, della magia di Santa Rosa e del Teatro dell’Unione”.