Sandro Pecchiari da Fare Voci, febbraio 2021
Il volume di Laura Ricci, “Di libertà e d’amore”, pubblicato nell’ottobre 2020, presenta una nuova traduzione, con testo a fronte, dei celebri “Sonnets from the Portuguese” di Elizabeth Barrett Browning (London, Chapman & Hall, 1850), preceduta da un saggio introduttivo che ripercorre la vicenda letteraria e umana del canzoniere, ispirato dal sorgere dell’amore sovversivo e liberatorio per il poeta Robert Browning.
Questa nuova versione ci offre l’immediatezza del suo canzoniere in modo più modernamente fruibile, pur prestando somma attenzione al registro elevato della poetessa vittoriana.
Elizabeth Barrett, ritiratasi presto dalla vita sociale per una salute molto cagionevole, si era ridotta ad una esistenza da invalida solitaria. Nella poderosa biblioteca del padre può accedere e fare sua una cultura profondissima assieme all’apprendimento del francese e dell’italiano.
Nonostante i problemi di salute, corrisponde fittamente con letterati e artisti dell’epoca tra i quali Swinburne, Wordsworth, Ruskin, Poe, Hawthorne e Dickinson.
Ma la sua vita viene stravolta felicemente e inaspettatamente da Robert Browning; lei, fragile, malata, ha quasi quarant’anni; lui, più giovane, avvenente, già apprezzato anche se non ancora molto noto. Hanno in comune formazione culturale, predilezioni e moltissime qualità, che traspaiono via via dal gioco serrato delle lettere che si scambiano tra il 1845 e il 1846. Decidono di consacrarsi l’un l’altro e di eludere con una romantica fuga d’amore l’insormontabile divieto del padre di lei, che aveva proibito a tutti i figli di lasciare la famiglia per il matrimonio, pena il diseredarli e la cessazione di ogni rapporto.
Elizabeth era una figura sicuramente coraggiosa, evoluta, anticonformista, ma altrettanto lo fu Robert, e altrettanto esulò dai ruoli e dai canoni maschili prescritti dal suo tempo e dalla società vittoriana da cui entrambi si discostarono. Robert fu colpito e affascinato proprio dagli aspetti di lei, fuori dai rigidi schemi dell’epoca, non temette la differenza di età, la sua salute cagionevole, la maggior fama di Elizabeth che spesso gli fu garbata maestra, lanciando al mondo la sfida di un rapporto non facile, e sicuramente non in sintonia con la cultura patriarcale sempre a sfavore del genio femminile.
Si sposano il 12 settembre 1846 e se ne fuggono verso un’Italia in via di riunificazione, lui, lei, la cameriera e l’insostituibile Flush (l’amato vivace cocker spaniel che Virginia Woolf renderà celebre scrivendo, un ritratto biografico di E.B.B. attraverso la biografia del cane), con pochissime cose, tra cui le lettere che si sono scambiati e i “Sonnets from the Portuguese”, che Elizabeth stava scrivendo in segreto in quel periodo e che erano pressoché conclusi.
Fu un rapporto paritario il loro, una relazione complice e stimolante attraverso il confronto, il commento, le appassionate riflessioni su testi classici, contemporanei, europei e non, sempre soffuso di brio, arguzia, finezza, ironia e autoironia. Qualche volta non sono d’accordo, ma non tentano tuttavia di convincersi l’un l’altra, piuttosto sanno rispettare e apprezzare le diverse posizioni per arricchire la propria personale idea.
III
Unlike are we, unlike, O princely Heart!
Unlike our uses and our destinies.
Our ministering two angels look surprise
On one another, as they strike athwart
Their wings in passing. Thou, bethink thee, art
A guest for queens to social pageantries,
With gages from a hundred brighter eyes
Than tears even can make mine, to play thy part
Of chief musician. What hast thou to do
With looking from the lattice-lights at me,
A poor, tired, wandering singer, singing through
The dark, and leaning up a cypress tree?
The chrism is on thine head, – on mine, the dew, –
And Death must dig the level where these agree.
*
Siamo diversi, diversi, o Cuore nobile!
Diversi nei destini e negli usi di vita.
I nostri angeli custodi con aria stupita
si guardano, quando le ali in volo mobile
si incrociano. Tu, un ospite appetibile
delle regine, della loro pompa infinita,
che ogni sguardo da occhi più brillanti invita
dei miei sempre in lacrime, a fare, abile,
da primo musicista. Perché mai guardare
me tu dovresti dalla tua grata illuminata,
me, povera stanca raminga poeta, cantare
nell’oscurità a un cipresso appoggiata?
Rugiada sulla mia fronte – a livellare
sarà la Morte – dal crisma la tua è baciata.
Si riconoscono con grazia nel gioco dialettico nell’interesse per la contemporaneità, discostandosi dai modelli della tradizione poetica e spostando l’ispirazione alle questioni sociali e alla semplice vita quotidiana.
Il loro è stato un rapporto che ha potuto realizzare le scelte di vita che condividevano: scrivere, amare, vivere, quindi diventare estremamente consapevoli di quanto e cosa desiderasse, assieme all’ambizione e alla volontà di realizzarla, muovendosi nell’ambito di un diritto alla libertà che non era per niente scontato nei decenni in cui vissero.
XLIII
How do I love thee? Let me count the ways.
I love thee to the depth and breadth and height
My soul can reach, when feeling out of sight
For the ends of Being and ideal Grace.
I love thee to the level of everyday’s
Most quiet need, by sun and candlelight.
I love thee freely, as men strive for Right;
I love thee purely, as they turn from Praise.
I love thee with the passion put to use
In my old griefs, and with my childhood’s faith.
I love thee with a love I seemed to lose
With my lost saints, – I love thee with the breath,
Smiles, tears, of all my life! – and, if God choose,
I shall but love thee better after death.
*
Come ti amo? Lascia che i modi conti. Ti amo
fino alla profondità, al respiro, all’altezza
che l’anima mia sa raggiungere, quando anela
ai confini dell’Essere e dell’ideale Grazia.
Ti amo nella quieta necessità di ogni giorno,
alla fiamma del sole e della candela. Ti amo
nella libertà, come chi lotta per la Giustizia;
nella purità, come chi dal Plauso rifugge.
Ti amo con la passione che consumavo
nei miei antichi affanni, con fede di bambina.
Ti amo con quell’amore che perduto credevo
con i miei perduti santi – Ti amo col respiro,
i sorrisi, le lacrime di una vita intera! – e
se vorrà Dio, meglio dopo la morte ti amerò.
Il fascino della loro straordinaria vicenda sentimentale ha offuscato ben presto il valore profondamente innovativo del dettato poetico di Elizabeth Barrett, fino a farla dimenticare per un lungo periodo. Viene riscoperta dalla critica femminista del XX secolo che, a partire da Virginia Woolf, evidenzia la qualità puramente letteraria della scrittura di Elizabeth.
Nel suo recente studio Ilaria Rizzato ha evidenziato i rimandi continui tra l’epistolario e i sonetti, come se fosse un gioco di specchi: in una trasposizione delle lettere sue e di Robert:
XXVIII
My letters! all dead paper, mute and white!
And yet they seem alive and quivering
Against my tremulous hands which loose the string
And let them drop down on my knee to-night.
This said, – he wished to have me in his sight
Once, as a friend: this fixed a day in spring
To come and touch my hand… a simple thing,
Yet I wept for it! – this,… the paper’s light…
Said, Dear, I love thee; and I sank and quailed
As if God’s future thundered on my past.
This said, I am thine – and so its ink has paled
With lying at my heart that beat too fast.
And this… O Love, thy words have ill availed
If, what this said, I dared repeat at last!
*
Lettere! candida carta che sembra tacere!
ma mute non sono fra le mie mani tremanti
e parlano nella mia notte vive e vibranti
mentre dal nastro al ginocchio le lascio cadere.
Una diceva – come amica mi vuole vedere:
per venire a sfiorare le mie mani palpitanti,
un’altra di primavera giornate alitanti
sceglieva… un nulla, ma ho pianto di piacere! –
Cara, ti amo… tenue la carta scandiva;
e caddi, come se divino futuro furore
tuonasse sul passato. E quel, Sono tuo – sbiadiva
a lungo tenuto al battito rapido del cuore.
E questa… questa sarebbe stata vana missiva
se osassi ripetere le tue parole, Amore!
ma anche in eco con versi e metafore da altri poeti, come ad esempio in un sonetto dei più avvincenti e giocosamente sviluppati: il sonetto XIX, ad esempio, allude al dramma shakespeariano il Mercante Di Venezia e a quanto Browning, citando Shakespeare, aveva affermato in un’altra lettera. Anche in questo caso con grande ironia, libertà e innovatività: perché oltre all’ardire dell’amata, che si pone su un piano giocoso di parità chiedendo “ciocca per ciocca”, la ciocca dell’amato non ha nulla a che vedere con le classiche ciocche dorate dei canzonieri petrarcheschi, ma: “è così nera, amore!”.
XIX
The soul’s Rialto hath its merchandise;
I barter curl for curl upon that mart,
And from my poet’s forehead to my heart
Receive this lock which outweighs argosies, –
As purply black, as erst to Pindar’s eyes
The dim purpureal tresses gloomed athwart
The nine white Muse-brows. For this counterpart,…
The bay crown’s shade, Beloved, I surmise,
Still lingers on thy curl, it is so black!
Thus, with a fillet of smooth-kissing breath,
I tie the shadows safe from gliding back,
And lay the gift where nothing hindereth;
Here on my heart, as on thy brow, to lack
No natural heat till mine grows cold in death.
*
Ha il Rialto dell’anima i propri venditori;
ciocca con ciocca baratto a questo mercato
e al cuore giunge, dalla fronte del mio amato,
un ricciolo che supera di Argo i tesori –
di scura porpora, come quella che agli albori
Pindaro cupa vide nelle brune purpuree
trecce delle Muse dal bianco incarnato.
Dunque… suppongo ancora indugi, degli allori
l’ombra, sul tuo ricciolo, è così nero Amore!
Con un nastro di amoroso respiro dolcemente
annodo l’ombra e la ripongo in cuore:
al sicuro, perché non debba volteggiante
svanire, sul mio petto, perché calore
ne prenda fino alla morte raggelante.
Il volume di Laura Ricci recupera ed evidenzia, sia nel saggio che nel compito traduttivo, e restituisce con un’impostazione di colta, appassionata e ironica modernità l’intenzione e lo stile dell’opera originale. Questa nuova traduzione “da poeta a poeta” opera una vera ricreazione di questo celebre canzoniere tenendo ben presente quanto, in esso, l’amore venga cantato a voce alta per esprimere sia il valore salvifico e il lieto fine della storia sentimentale, sia la libertà che la poetessa si prende, in piena epoca vittoriana, nel superare e rinnovare in modo estremamente personale e moderno la tradizione letteraria dei canzonieri d’amore.
Il miracolo della sua poesia risiede, scrive Laura Ricci, proprio nel fatto che alla lettura tutta la sua cultura e erudizione non intralciano e non hanno predominanza: sostenute da un formidabile lavoro innovativo di visione e di stile e, non ultimo elemento, dalla sincerità e dall’onestà dell’esperire e del sentire, e sanno diventare puro corollario dello spirito dionisiaco che brucia e pervade la poeta, così da farle comporre un testo che va ben oltre l’epoca e l’esperienza personale, come un archetipo senza tempo della forza rigeneratrice dell’amore.
Le autrici:
Elisabeth Barrett Browning nacque nel 1806 a Durham. Visse un’infanzia privilegiata con i suoi undici fratelli.
Non ancora adulta, aveva già letto Milton, Shakespeare e Dante. La sua passione per i classici e i metafisici fu bilanciata da un forte spirito religioso.
Fra il 1832 e il 1837 la famiglia Barrett si stabilì a Londra.
Nel 1838 fu pubblicata la raccolta “The Seraphim and Other Poems”. Nello stesso periodo, Elizabeth Barrett ebbe gravi problemi di salute che la resero invalida agli arti inferiori e la costrinsero a restare in casa e a frequentare solo due o tre persone oltre ai familiari.
Nel 1844, l’uscita dei “Poems” la rese una delle più popolari scrittrici del momento. La lettura della sua raccolta di poesie spinse il poeta Robert Browning a scriverle per manifestare il proprio apprezzamento.
Nel 1845 si incontrarono e poco dopo si sposarono di nascosto e fuggirono insieme a Firenze dove ebbero un figlio, Pen.
Elizabeth Barrett Browning pubblicò in seguito “Sonnets from the Portuguese” (1850), “Casa Guidi Windows” (1851), “Aurora Leigh” (1856) e “Poems before Congress” (raccolta dei suoi poemi, 1860).
Fu una grande fautrice del Risorgimento italiano.
Morì a Firenze nel 1861. È sepolta al Cimitero degli inglesi di Firenze.
Laura Ricci, scrittrice e traduttrice, fa parte della Società Italiana delle Letterate e collabora con varie riviste e quotidiani, tra cui Letterate Magazine, Leggendaria, Il Ponte rosso, Articolo 21.
Con le edizioni LietoColle ha pubblicato le sillogi “Voce alla notte” (2006) e “La strega poeta” (2008), e i dodici racconti di “Dodecapoli” (2010).
Con il volume “Io sono una Rosa” (LietoColle, 2013) si è cimentata nella traduzione dal francese, dall’inglese e dallo spagnolo di diciotto grandi poeti e poete.
La sua raccolta poetica più recente è “Rose di pianto” (La Vita Felice, 2017).
Con le edizioni Vita Activa ha curato la “Guida sentimentale di Orvieto” (2018) e il saggio “Sempre altrove fuggendo. Protagoniste di frontiera in Claudio Magris, Orhan Pamuk, Melania G. Mazzucco” (2019).
(Elizabeth Barrett Browning “Di libertà e d’amore. Sonetti dal portoghese”, a cura di Laura Ricci, pp. 166, euro 14, Vita Activa Edizioni 2020)