di Laura Ricci, dal N. 60 della rivista Il Ponte rosso
È il giallo il colore simbolo di Pordenonelegge, la “Festa del libro con gli autori” che dal 16 al 20 settembre 2020, nell’anno quanto mai difficile della pandemia, non ha rinunciato per la sua 21^ edizione all’abituale formula della fiera libraria e degli eventi in presenza, pur con tutte le cautele dettate dalle disposizioni sulla sicurezza e l’introduzione di necessarie novità. “Sarà un festival diverso – avevano affermato i curatori Gian Mario Villalta, Alberto Garlini e Valentina Gasparet –con un numero ridotto di ospiti e di eventi, ma anche un festival nuovo, perché coinvolgerà molti comuni della provincia, formando una costellazione di piccole città accese dalla passione per i libri”. E un festival diverso, confermando l’ormai consolidato successo, è stato. Toccando, oltre agli spazi soliti del centro di Pordenone, luoghi limitrofi come Cordenons, San Vito al Tagliamento, Spilimbergo, Maniago, Azzano Decimo, Casarsa e Sacile, e aprendo al web con la nascita della “Pnlegge TV” e una vasta proposta in streaming di molti dei centoquarantuno appuntamenti in cartellone, per consentire di seguire il festival a chi non ha potuto fruirne fisicamente. Ulteriore novità, l’istituzione di due premi letterari promossi dalla Regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Fondazione Pordenonelegge, con l’obiettivo di celebrare la tradizione culturale, letteraria e poetica del territorio. Uno il “Premio Letterario Regione Friuli Venezia Giulia”, assegnato nell’ambito del festival a Valerio Massimo Manfredi; l’altro il “Premio Umberto Saba Poesia”, con Claudio Grisancich presidente della giuria, sostenuto anche dal Comune di Trieste, presentato in anteprima e da conferire il 21 marzo 2021, Giornata mondiale della poesia ma anche giorno della nascita di Umberto Saba.
Alla poesia, che a Pordenonelegge costituisce da sempre un festival nel festival, è stata data grande rilevanza. Tre documentari biografici dedicati a Pier Paolo Pasolini, Franco Buffoni e Fabio Pusterla, vari incontri in presenza con poeti e poete più o meno noti e, come di consueto, ampio spazio dedicato alle due collane con marchio Pordenonelegge.it, edite in collaborazione con le edizioni poetiche LietoColle di Michelangelo Camelliti: la Gialla e la Gialla Oro, entrambe curate da Augusto Pivanti.
Presentata dallo stesso Pivanti e da Roberto Cescon nel pomeriggio di sabato 19 settembre alla Loggia del Municipio, la Gialla, arrivata al suo settimo anno, ha raccolto per Pordenonelegge 2020 quattro nuove proposte che, come è proprio della linea editoriale di questa collana, offrono esordi o consolidano voci poetiche già note riunite nell’intenzione “di ascoltare voci sincere e di dare credito alla poesia”: quelle di Prisca Augustoni, Luca Bresciani, Alberto Cellotto e Giorgia Esposito. Nella serata dello stesso sabato, sono stati Gian Mario Villalta e Fabio Prestifilippo, altro prezioso collaboratore della LietoColle, a presentare la rosa della Gialla Oro, che raccoglie voci di autori di rilievo nel panorama nazionale e internazionale: per questa proposta 2020 quelle di Nadia Agustoni, Massimo Bocchiola, Alberto Casiraghy, Giulio Mozzi e Luisa Pianzola.
Un discorso a sé merita il volume Roma della Vigilia di Giovanna Sicari (Taranto, 1954 – Roma, 2003), inserito nella Gialla della Memoria, collana che “vuole rappresentare il saldo di un debito tra l’attualità della parola poetica e una contemporaneità legata a figure del Novecento capaci di segnare, con la propria testimonianza, uno spazio originale – riconoscibile e riconosciuto – nel panorama della scrittura e delle scritture in poesia del nostro Paese”. Un’operazione editoriale che si sostanzia nel recupero di sillogi che sarebbero altrimenti perdute, perché non più reperibili o inedite. Roma della vigilia, che ricompare a venti anni dalla sua prima pubblicazione (Il Labirinto, 1999), secondo quanto nel postscriptum a questa riedizione afferma Milo De Angelis – che di Sicari è stato il marito e a lei e alla sua prematura scomparsa ha dedicato la raccolta Tema dell’addio– è uno dei suoi testi più perfetti e ispirati, dove “si intrecciano biografia e leggenda, cronaca e fiaba, vicende familiari e visioni cosmiche e tutto il libro è percorso dalla vigilia, come vuole il titolo, da qualcosa che domani verrà e ci pone in uno stato di attesa febbrile, qualcosa che potrebbe da un momento all’altro cambiare la vita e avviarla verso un punto luminoso dove troveremo il passato, il presente e il futuro riuniti in un solo grande abbraccio”. E nella prefazione Giancarlo Pontiggia mette in evidenza come appaia, quasi fatalmente, “il libro in cui si devono fare i conti con la vita, una volta per tutte, e con l’urgenza di chi sa che i giorni sono davvero contati, che il tempo non è più nostro, se mai un giorno lo è stato”.
Questo del fluire del tempo, del resto, e dell’intersezione dei piani temporali – che accada per memoria involontaria, per esplicita volontà di memoria o per dissidio con l’atto e la possibilità del rammentare (come in alcuni versi di Pianzola) – è uno dei filoni che, al di là dell’eterogeneità degli autori e dei temi, ricorre nella Gialla Oro, in particolare in Casiraghy, Mozzi e Nadia Augustoni.
Alberto Casiraghy è noto come poeta e pensatore, ma non meno per la sua editrice di libri d’arte Pulcinoelefante, con cui nella sua casa-stamperia di Osnago ha pubblicato dal 1982 più di diecimila opere corredate di incisioni e acquerelli e stampate a caratteri mobili con un’antica pressa in piombo su carta pregiata Hahnemuhle. È inserito nella Gialla Oro con 77 dei suoi fulminanti aforismi, raccolti sotto l’invitante titolo Giocattoli inquieti. Una scelta che giustamente riconosce l’aforisma, quando è davvero tale e azzeccato, come appartenente all’ambito della poesia perché, come ben esemplifica il poeta Piero Marelli nell’introduzione, il mondo naturale e creaturale che in questi aforismi si dispiega è fatto di espressioni “semplici per modo di dire, perché ogni semplicità trascina con sé un proprio modo d’interpretare, fatto di cose vere e di cose sognate” e “in grado di regalare un senso ulteriore alle stesse parole, perché questo senso è soprattutto una forma particolare e ulteriore di poesia, consapevole che la contemporaneità ha dissolto, probabilmente una volta per tutte, la distinzione dei generi”. Il volume è bilingue – Restless toys– giacché ogni aforisma si presenta anche in inglese con la pregevole traduzione di Paolina Shostakovich. È dunque anche un interessante e riuscito esperimento di traduzione come ricreazione: difficile dire quale sia la versione più bella, se l’originale o la tradotta, tanto Shostakovich ha saputo, come in una nota afferma, “essere (o diventare) poeta in prima persona per riuscire a creare a sua volta un testo che sappia rendere giustizia e onore all’originale”.
Un’inattesa sorpresa è anche Giulio Mozzi, noto come scrittore e insegnante di scrittura e, lungo questa direttrice, autore di successo dei recenti Oracolo manuale per scrittrici e scrittori (Sonzogno, 2019) e, con Laura Pugno, Oracolo manuale per poete e poeti (Sonzogno, 2020). La sua raccolta Il mondo vivente, segnata da versi dall’andatura prosastica, si situa esplicitamente nel mondo degli oggetti personali che si fanno detonatore di ricordi: “Volevo raccogliere i ricordi del mio apprendimento della lettura e della scrittura – scrive l’autore – e unirli ad altri ricordi, assai più recenti, sull’insegnamento della scrittura. Tutto è saltato quando mi sono imbattuto in alcuni oggetti, spesso oggetti scritti, che portano le tracce dei miei genitori, di me stesso bambino e di altre persone. Mi rendo conto che sono oggetti privatissimi e nel contempo banali, di quelli che possono saltar fuori da qualunque cantina o soffitta o vecchio armadio. Ma ciascuno ha i suoi e, per fare un esempio, il tagliacarte di Cesare che è qui accanto a me sarà per me per sempre il tagliacarte di Cesare, e che sia un qualunquissimo tagliacarte non ha nessuna importanza. L’intenzione iniziale è dunque stata sopraffatta”.
Se i ricordi di Mozzi sono espliciti e quelli di Casiraghy dissimulati nell’icastica sintesi dell’aforisma, in Luisa Pianzola la memoria si presenta spesso nella malattia come difficoltà o disagio da respingere, e il punto di vista della cassiera, così rassicurante e medicamentosa – “un’idea ancestrale, una santa/ per consumatori smarriti, una dea vergata di fresco”– sembra avere la funzione di un balsamo che può restituire ai singoli e alla vita un equilibrio pietoso, tale da fissare qualcosa nella mente, o da ristabilire una qualche misura dello spazio e degli eventi del passato.
Quanto a Nadia Augustoni, la sua intensissima raccolta Gli alberi bianchi è dichiaratamente situata nella campagna del Bergamasco in cui l’autrice vive, ma nel suo caso fuori sia dal tempo contemporaneo sia da quello della memoria perduta e ritrovata. Il suo poetare si sporge infatti su uno spazio/memoria creaturale che fissa la natura, l’accadere, i gesti e gli oggetti quotidiani in un non-tempo impresso dallo stampo puro di un universo di minuta idealità: quello dei semplici e dei dimenticati, in un recitativo che come un’orazione fila trame di esterno-interno che giustamente l’autrice definisce “poesie senza mondo”.
Si situa nell’ambito del melodramma l’acuta silloge di Massimo Bocchiola, che riprende opere e arie celebri per rivisitarle obliquamente con ironia e dolente profondità, smascherando con disincanto, in questi ritratti ottocenteschi, situazioni molto attuali e quanto psicologicamente resta valido per ogni epoca e per ogni comportamento.
Se si scorrono le proposte della Gialla giovani, assieme ad altri aspetti dirimenti è proprio una scissura nella percezione del tempo – e del corpo – a segnare un’evidente differenza di atteggiamento, e dunque di contenuti e di stile, tra diverse generazioni. Negli autori e nelle autrici della Gialla Oro il corpo, quasi dimenticato, sublimato nell’esperienza e nell’esercizio dello spirito, in certo senso più non duole e la memoria è un’operazione di recupero che – pur nella nostalgia e nell’ironia, o anche, in Pianzola, in una certa rabbia di voler esistere – ha una funzione salvifica. Diverso, ovvio, in una anzi due generazioni immerse in una contemporaneità problematica e violenta, estremamente precaria, dove il presente duro e saturo di incognite, l’assenza di prospettive future e una memoria che è ancora conflitto non risolto con gli umani, il mondo e sé stessi spinge il verso ad accenti talvolta crudi, talvolta dolenti.
Ben esemplificativa, da questo punto di vista, Linea di galleggiamento di Luca Bresciani, che nel componimento che dà il titolo alla silloge così si esprime: “Il corpo si costituisce / otto ore a notte / e la pena si sconta su un fianco / diventando la metà di un uomo. // È trapianto la parte mancante / in chi è spezzato dalle onde / e ha per linea di galleggiamento / la cicatrice di uno scudiscio”. Cocente pena del vivere dunque, anche se la dolorosa tensione del poeta mira a stabilire un equilibrio acrobatico che gli permetta di restare aperto alle esperienze più varie.
In La decenza comune di Alberto Cellotto la crudezza del presente e la necessaria seppure incerta capriola dell’esistere sono espresse attraverso una colta ironia, con versi come, tanto per fare un esempio: “Vengo a passeggiare alla base della collina e passo al cinema / senza colori. […] Una bella volta potrei cadere / dentro una buca di foglie e mettermi a giocare coi nati / e incantare serpenti, sulle scalinate noto le asole degli abiti”.
Quanto alla raccolta Smarginature proposta da Giorgia Esposito, come la stessa autrice osserva nella nota introduttiva, il termine fa riferimento sia alla riduzione dei margini – e allora si allude a qualcuno che “sta cercando i suoi, / il non ritorno, il bacio sulla fronte / del padre, il mondo-schermo, / questo tempo tutto da schiarire” – sia all’espandersi e all’esorbitare oltre i margini in un circuito non definito e dilatabile, in cui ci si può spingere con curiosità e senza ostilità “fino all’altra parte del mondo”.
Molto basata sul sentire è la silloge L’ora zero di Prisca Augustoni, che declina quella che l’autrice definisce “domesticità del quotidiano” nelle forme dell’accadimento naturale e nella capacità di sorprendere e sorprendersi per la “straordinarietà dell’ordinario”. Un’ora zero, appunto, in cui il tempo sembra arrestarsi e i sensi colgono, con intuizioni visionarie applicate agli oggetti e alle situazioni più solite, quanto di magico può risiedere in ogni semplice accadere. Non sono estranee, a questa attitudine dai sensi attenti e premonitori, lo spirito e la tradizione culturale del Brasile, dove l’autrice, svizzera, vive per molta parte dell’anno in quanto docente di letteratura italiana e comparata presso l’Università Federale di Juiz de Fora: alcuni passaggi infatti, pur nella loro originale specificità, rammentano l’esperienza surreale e la ricerca esistenziale e letteraria dell’immensa Clarice Lispector.
Tra originalità e risonanze letterarie, quanto si conferma è in ogni caso la qualità del marchio LietoColle che, come costantemente l’editore Michelangelo Camelliti dichiara, è sempre stato fedele alla libertà e alla profondità che la poesia deve esprimere e a un sereno rigore di giudizio. Questa edizione di Pordenonelegge, coronata da due Gialle di notevole spessore, coincide con i trentacinque anni di attività della casa editrice e con una crescita nel tempo dovuta al valido lavoro del suo fondatore, alla cura che Camelliti sa riservare alla relazione con gli autori e i collaboratori e a una rosa di consiglieri-amici d’eccezione che, come lui, frequentano con onestà e competenza l’humus della creatività poetica. Una casa editrice, la LietoColle, che sa stare in pieno sia nell’eterno afflato dell’universale, sia nelle grandi problematiche del nostro tempo, riservando grande attenzione anche ad autrici e autori stranieri e a tematiche sociali e politiche che sappiano percorrere, nella validità e nella credibilità del segno poetico, gli accadimenti più ardui e i bisogni più urgenti del mondo contemporaneo.